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Lo psicologo nel sostegno ai pazienti con Long-Covid.

lug 13, 2021

Milioni di persone nel mondo potrebbero avere dei sintomi persistenti legati al COVID-19. Gli psicologi possono avere un ruolo fondamentale per sostenere questi pazienti nell’affrontare un futuro incerto e complesso. 

Il ruolo degli psicologi nel sostegno ai pazienti Long COVID

La pandemia causata dal virus SARS-CoV2 ha provocato un enorme impatto non solo sul piano della salute fisica ma anche a livello psicologico. Inoltre circa il 10% di coloro che si sono ammalati di COVID-19 oggi continua a soffrire di sintomi persistenti noti come “Long COVID”. In genere, in questa tipologia di pazienti che ha subito l’ospedalizzazione per COVID-19 permane un senso di profonda stanchezza, una sorta di debolezza muscolare, l’insonnia e circa il 25% delle persone riporta anche disturbi d’ansia e di depressione. Abbiamo dati che confermano come anche le persone che non hanno subito un ricovero in ospedale possono presentare un quadro sintomatologico severo. In base ai dati che abbiamo oggi a disposizione rispetto alla diffusione del contagio possiamo stimare che migliaia di persone in Italia potrebbero vedersi costrette ad affrontare un futuro incerto con problemi importanti sia dal punto di vista fisico che psicologico. Infatti le persone che si sono ammalate di COVID-19 dopo aver affrontato e superato la malattia potrebbero sviluppare una qualche forma di disturbo psicologico come ansia, depressione, PTSD ma anche dei disturbi neurologici.


In Italia è urgente l’attuazione di un piano per il supporto psicologico dei pazienti Long Covid e per i care-giver.

L’impatto emozionale della pandemia richiede un progetto di intervento strutturato in grado di incrementare sensibilmente il supporto psicologico sia a livello privato che pubblico. È impensabile in queste condizioni ipotizzare di riuscire a far fronte allo scenario che probabilmente ci attende, infatti le problematiche psicologiche hanno delle ricadute importanti sia a livello sociale che economico. È buona prassi guardarsi intorno ed imparare anche dalle altre nazioni ed è così che scopriamo come negli Stati Uniti il National Institutes of Health investirà 1,15 miliardi di dollari (a cui si aggiungeranno altri importanti interventi economici) per studiare e affrontare l’impatto che il long COVID può generare a livello psicologico e neurologico. In quanto molti ex-pazienti COVID potrebbero trovarsi a dover convivere per tutta la vita con difficoltà anche a livello psicologico. 


Un intervento precoce potrebbe alleviare gran parte del disagio psicologico ed evitare così una cronicizzazione dei disturbi emozionali. Molte persone potrebbero avere difficoltà nel concentrarsi e sperimentare una fatigue generalizzata tale da rendere impossibile continuare a lavorare. È facile immaginare l’impatto a livello psicologico e lo stigma che si potrebbe generare in questi pazienti. Come psicologi abbiamo a disposizione diversi trattamenti efficaci per gestire i disturbi emozionali generati sia in modo diretto che indiretto dalla pandemia. Sappiamo come trattare l’ansia, la depressione, l’insonnia, i disturbi post-traumatici, siamo in grado di sostenere l’elaborazione del lutto e facilitare la compliance nel seguire un trattamento medico. Sembra davvero incredibile come questo know how di competenze e conoscenze in Italia sia completamente trascurato rispetto a quello che avviene negli altri paesi come gli Stati Uniti.

Lo psicologo può migliorare la compliance nel percorso di cura.

Per rendere un trattamento realmente efficace è fondamentale che vi sia una stretta collaborazione tra medici e psicologi soprattutto nella gestione dei pazienti “Long COVID”. Inoltre, gli psicologi possono rappresentare una preziosa risorsa per migliorare i processi di comunicazione rispetto al tema della pandemia, ridurre l’impatto delle “fake news” e aiutare le persone che soffrono della belonefobia (paura degli aghi) a superare questa problematica in modo da permettergli di affrontare con maggiore serenità il percorso di vaccinazione (nel rispetto delle valutazioni di carattere medico-sanitario). In Italia è necessario e fondamentale diffondere una visione biopsicosociale e questa pandemia potrebbe rappresentare l’occasione per rendere accessibili dei servizi di psicologia innovativi e in grado di rispondere alle esigenze della popolazione. I pazienti che soffrono del “Long Covid” sperimentano spesso dei vissuti di isolamento e rischiano di non essere presi in carico soprattutto dal punto di vista psicologico. Il quadro che emerge in questi pazienti è per certi versi sovrapponibile a quelli che si osservano nel caso di altre malattie croniche. Negli Stati Uniti per cercare di fornire delle risposte efficaci sul piano psicologico si sta cercando di attingere proprio a questa esperienza clinica. Inoltre i pazienti ospedalizzati hanno spesso subito un lungo isolamento dai propri cari in una condizione di rischio per la propria esistenza e hanno assistito alla morte di qualcuno in reparto e quindi necessitano di grande attenzione da parte delle istituzioni che devono attivarsi per permettere loro di affrontare l’impatto emotivo a cui sono stati sottoposti durante il ricovero.


Infatti i pazienti che sono rimasti in terapia intensiva possono sperimentare sia un senso di disorientamento che problemi di memoria importanti. Inoltre, l’esperienza di essere rimasti “intubati” per settimane o mesi comporta inevitabilmente una serie di conseguenze sul piano psicologico. E anche possibile che questi disturbi di carattere psicologico siano correlati con l’esperienza traumatica che è stata vissuta oltre che dall’impatto che il virus può aver generato a livello celebrale. Riempire anche a livello narrativo il tempo che un paziente ha trascorso in terapia intensiva può aiutarlo a dare significato all’esperienza e può essere utile condividere le emozioni che i parenti hanno sperimentato durante quel lasso temporale.


Le preoccupazioni psicologiche sono le più diffuse tra i pazienti COVID.

Le persone che si sono ammalate di COVID-19 riportano in cima alle loro preoccupazioni le difficoltà di carattere cognitivo e più in generale le loro difficoltà psicologiche. Fortunatamente la gran parte delle linee guida e dei trattamenti psicologici che abbiamo oggi a disposizioni risultano efficaci anche per questo tipo di pazienti. Come psicologi abbiamo a disposizione trattamenti basati sull’evidence based che possono garantire, in termini probabilistici, la possibilità di fornire un supporto adeguato a questi pazienti e ai loro care-giver.


Quali sono gli aspetti da approfondire per i pazienti Long Covid?
È importante focalizzare l’intervento psicoterapeutico sulle preoccupazioni e sul disagio che i pazienti provano nell’affrontare la loro condizione. Comprendere insieme a loro quali siano gli aspetti della loro esistenza che sono stati maggiormente intaccati e quali sono le loro preoccupazioni per il futuro sul piano emozionale, relazionale e professionale per aiutarli nel definire delle strategie di coping efficaci. La psicoterapia può aiutare a migliorare la compliance del paziente, aiutarlo nell’apprendere delle tecniche di rilassamento e delle metodologie per superare l’insonnia. Sappiamo oggi quanto la componente psicologica possa influenzare il Sistema Immunitario e quanto una condizione medica possa incidere negativamente sullo stato psicologico. Inoltre, molti pazienti potrebbero essere meno efficienti e produttivi sul lavoro e questo potrebbe in molti casi incidere con l’autostima e comportare una caduta depressiva reattiva.


La centralità del supporto sociale e dei care-giver.

I pazienti che soffrono del Long COVID presentano inevitabilmente delle difficoltà sul piano relazionale e sociale. Mostrano una fatica nel gestire i rapporti quotidiani e possono aver subito lo stigma di essere stati positivi o malati. Inoltre potrebbero emergere dei sensi di colpa per “essere sopravvissuti” al partner oppure per “aver infettato inconsapevolmente” qualcuno, altri potrebbero isolarsi, tendere a raccontare sempre la loro esperienza oppure voler evitare di spiegare quanto è accaduto. La stessa esposizione mediatica alle informazioni relative alla pandemia può avere su questi pazienti una ricaduta negativa. Inoltre questa patologia può incrementare il livello di conflittualità nelle famiglie e aver scardinato degli schemi e delle dinamiche difensive consolidate. 


Dott.Igor Graziato

Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni

Specialista in Psicoterapia

Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy

Ipnosi Clinica Evidence Based

Membro dell'American Psychological Association


Riferimenti

  • Chaolin Huang*, Lixue Huang*, Yeming Wang*, Xia Li*, Lili Ren*, Xiaoying Gu* et al. 6-month consequences of COVID-19 in patients discharged from hospital: a cohort study. The Lancet. Volume 397, ISSUE 10270, P220-232, January 16, 2021
  • Havervall S, Rosell A, Phillipson M, et al. Symptoms and Functional Impairment Assessed 8 Months After Mild COVID-19 Among Health Care Workers. JAMA. 2021;325(19):2015–2016. doi:10.1001/jama.2021.5612.
  • Hernandez-Romieu AC, Leung S, Mbanya A, et al. Health Care Utilization and Clinical Characteristics of Nonhospitalized Adults in an Integrated Health Care System 28–180 Days After COVID-19 Diagnosis — Georgia, May 2020–March 2021. MMWR Morb Mortal Wkly Rep 2021;70:644-650. 
  • Maxime Taquet, John R Geddes, Masud Husain, Sierra Luciano, Paul J Harrison. 6-month neurological and psychiatric outcomes in 236379 survivors of COVID-19: a retrospective cohort study using electronic health records. The Lancet Psychiatry.  Volume 8, ISSUE 5, P416-427, May 01, 2021


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