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L'impatto psicologico di un viaggio su Marte.

apr 05, 2021

Elon Musk (fondatore e CEO di SpaceX), ha dichiarato che la sua azienda stabilirà una sua base su Marte “ben prima” del 2030. Ma a parte i problemi tecnologici e organizzativi qual è l'impatto sul piano psicologico di un'impresa di tale portata?

Marte l'impatto psicologico per gli astronauti

Marte: una sfida tecnologica ma anche psicologica

Recentemente Elon Musk (fondatore e CEO di SpaceX), ha dichiarato che la sua azienda farà atterrare i suoi vettori e stabilirà una sua base su Marte “ben prima” del 2030. Ma a parte i problemi tecnologici e organizzativi qual è l'impatto sul piano psicologico di un'impresa di tale portata? Il sogno di conquistare Marte sembra pian piano avvicinarsi e potrebbe diventare quindi realtà nei prossimi decenni. Anche se un viaggio di questa portata richiede un impegno in termini di risorse economiche e tecnologiche non indifferenti c’è un altro aspetto delicato che bisogna prendere in considerazione: ovvero la dimensione psicologica degli astronauti. La distanza minima tra la Terra e il Pianeta Rosso è di circa 55 milioni di chilometri e per affrontare un simile viaggio saranno necessari diversi mesi a cui aggiungere il tempo di permanenza su Marte e il ritorno sulla Terra. Si tratta quindi di un progetto decisamente più complicato della già eroica impresa della conquista della Luna. Arrivare su Marte significherebbe risolvere complesse questioni scientifiche ma anche lavorare sulla dimensione psicologica e sulle capacità di coping degli astronauti. La NASA in particolare sta conducendo già alcune ricerche intal senso dato che una delle preoccupazioni dell’agenzia spaziale statunitense è proprio la dimensione psicologica e comportamentale degli astronauti. Infatti, già nel secolo scorso, sia gli astronauti che i cosmonauti hanno raggiunto diversi record di permanenza nello spazio e oggi grazie alla ISS (Stazione Spaziale Internazionale) abbiamo a disposizione molte più informazioni del passato sugli effetti che lo spazio produce sugli individui anche a livello psicologico.

La dimensione psicologica degli astronauti

In particolare è stato possibile studiare l'impatto dell’isolamento, della micro-gravità e delle interazioni con gli altri. Il Prof. Nick Kanas (Psichiatra presso l’Università della California) ha dedicato molto tempo ad approfondire la dimensione psicologica (cognitiva ed emozionale) degli astronauti. Un conto è rimanere nell’orbita terrestre ben altra cosa è condurre un viaggio verso un altro pianeta. Il record di permanenza nello spazio è di circa 14 mesi. Attualmente gli astronauti trascorrono circa sei mesi a bordo della ISS e il record di permanenza spetta, al momento, al cosmonauta Valerij Vladimirovič Poljakov che rimase a bordo della MIR per ben 437 giorni e 18 ore. Tutto sommato eventuali emergenze o imprevisti “in loco” potrebbero essere gestiti, ma durante un volo nello spazio di anni le condizioni risulterebbero decisamente diverse. Significherebbe condividere degli spazi ristretti con altre persone (probabilmente di culture diverse), dover affrontare i limiti delle comunicazioni verso la Terra (la latenza tra una navetta spaziale su Marte e il nostro pianeta comporterebbe delle latenze anche di 20 minuti, aspetto che renderebbe la comunicazione asincrona e difficoltosa). Infatti la comunicazione con i propri familiari è di cruciale importanza ed è uno dei fattori che potrebbe incrementare il livello di stress e la conflittualità tra gli astronauti.

Lo spazio è un luogo affascinante ma inospitale

Un’altra sfida di una missione così lunga è rappresentata dall’esposizione alle radiazioni che potrebbero danneggiare la salute degli astronauti portando anche ad alterazioni significative del sistema nervoso centrale. Tali effetti nocivi sono già stati osservati su delle cavie che hanno mostrato alterazioni strutturali significative del cervello e si sono osservati dei cambiamenti comportamentali importanti. Un altro fattore destabilizzante è rappresentato dall’ assenza di gravità che, se all’inizio può risultare anche divertente, comporta nel tempo l’insorgere di problemi fisici a livello muscolare ed alcune alterazioni della percezione visiva. È ovviamente più difficile fare dell’esercizio fisico e sappiamo quanto questo aspetto sia importante per la dimensione psicologica di un individuo. Altre alterazioni fisiche possono riguardare l’insorgere dei calcoli renali (più frequenti nello spazio) con il rischio per gli astronauti di sviluppare delle infezioni del tratto urinario. In assenza di una diagnosi e di un trattamento specifico questa patologia potrebbe dar luogo a confusione o veri e propri deliri che però nulla hanno a che vedere con un disturbo di carattere psicologico. Diviene quindi importante monitorare le condizioni mediche generali degli astronauti e soprattutto quelle che potrebbero insorgere più facilmente in assenza di gravità.

Problemi di comunicazione con gli astronauti

Inoltre la solitudine, la distanza e l’impossibilità di una eventuale missione di salvataggio rende sul piano emotivo ancora più complesso questo viaggio. Non si possono escludere poi l’insorgenza di difficoltà legate all’ansia o alla depressione. Gli astronauti dovrebbero essere quasi completamente autonomi e preparati nel fronteggiare qualsiasi tipo di emergenza senza contare su un supporto rapido del controllo missione sulla Terra. Secondo il Prof. Nick Kanas proprio le difficoltà di comunicazione con la Terra potrebbero rappresentare un fattore di stress elevato. Ad esempio nel caso di un’ emergenza tecnica, medica o anche psicologica.


Le strategie di coping degli astronauti

Gli astronauti che abitano l’ISS affermano che il poter osservare la Terra dall’alto ha un effetto positivo sul loro umore e questa attività genera in alcune occasioni riflessioni spirituali e molto profonde. Ma questa strategia purtroppo sarà impossibile da realizzare quando gli astronauti si troveranno nello spazio. Il senso di solitudine che si può provare nello spazio potrebbe portare all’insorgere di gravi problemi sul piano emozionale. Infatti nessuno conosce ancora quale effetto potrebbe provocare osservare la Terra da una simile distanza. Il nostro pianeta su Marte apparirebbe come un minuscolo puntino.

Gli astronauti e i cosmonauti che lavorano sull'ISS sostengono che osservare

la Terra dall'alto ha un effetto positivo sul piano psicologico.

Come affrontare i problemi del sonno?

Nello spazio, più o meno come accade normalmente sulla Terra, è possibile affrontare questi problemi ottimizzando l’illuminazione a bordo dell’astronave e cercando di simulare il normale ciclo delle 24 ore. Come è noto ormai da tempoè fondamentale mantenere una corretta sincronizzazione del ritmo sonno-veglia e soprattutto i tempi di lavoro e di riposo.

Come prevenire i conflitti a bordo?

Secondo lo psicologo David F. Dinges,e il suo team di ricerca, nello spazio è fondamentale individuare delle modalità efficaci per prevenire le problematiche relazionali. Come è noto esistono delle profonde differenze individuali nelle modalità con cui le persone affrontano gli stimoli stressanti, ma sarebbe opportuno isolare dei sintomi o dei marker biologici in grado di evidenziare queste difficoltà primache esplodano in modo drammatico

L'assessment psicologico utilizzato dalla NASA

La NASA utilizza già da tempo un approfondito assessment psicologico per valutare come gli astronauti potrebbero reagire nello spazio, ma la possibilità di individuare degli indici biologici faciliterebbe, almeno in parte, il compito. Siamo ancora lontani dal poter misurare il livello di resilienza attraverso un esame del sangue ma questo è un esempio di come la ricerca aero-spaziale possa comportare delle ricadute in tantissimi ambiti. Lo psicologo Raphael Rose (Università della California, a Los Angeles), ha realizzato un protocollo di gestione dello stress tra i partecipanti al progetto Hawaii Space Exploration Analog and Simulation (HI-SEAS). Nel 2017 sei uomini e sei donne hanno trascorso ben otto mesi vivendo elavorando in un complesso isolato realizzato presso Mauna Loa. Durante questasimulazione i partecipanti hanno utilizzato il protocollo SMART-OP (Stress Management and Resilience Training for Optimal Performance). Il programma prevede una serie di moduli da gestire in modo individuale, dei video che presentano delle strategie di risoluzione dei conflitti e il biofeedback. La NASA sta approfondendo questi dati per verificare se sia possibile utilizzare queste strategie anche in un’eventuale missione verso Marte. In generale i partecipanti all’esperimento hanno trovato molto utile il protocollo e si èregistrato un miglioramento del clima relazionale.

La dimensione psicologica degli astronauti
La missione su Marte l'incognita psicologica

Alcune caratteristiche della missione su Marte possono essere riprodotte qui sulla Terra ricreando degli spazi artificiali che simulano gli ambienti ristretti e isolati in cui gli astronauti dovrebbero vivere e lavorare. Il più grande progetto realizzato in questo ambito è rappresentato dal Mars500. Un esperimento condotto dall’ESA (Agenzia Spaziale Europea) in collaborazione conl’Agenzia Spaziale Russa. L’esperimento venne condotto nei locali dell’Instituteof Biomedical Problems (IBMP) a Mosca. I membri dell’ equipaggio avevano una formazione sia militare che ingegneristica, come accade normalmente per gli astronauti e i cosmonauti. Durante la simulazione l’equipaggio ha eseguito interventi di manutenzione dell’astronave, esperimenti scientifici e hanno sperimentato i ritardi nella comunicazione con la Terra. Questo esperimento ha sollevato qualche preoccupazione. Infatti lo psicologo David Dinges (dell’Università della Pennsylvania) ha registrato alcune alterazioni psicologiche e comportamentali importanti. Un membro dell’equipaggio ha presentato, durante la simulazione, dei sintomi depressivi, mentre altri hanno lamentato importanti alterazioni del normale ciclo sonno-veglia, insonnia ed esaurimento fisico. Coloro che presentavano un maggiore livello di stress e di stanchezza erano coinvolti maggiormente in conflitti e scontri. In sostanza anche un solo astronauta in difficoltà sulpiano psicologico potrebbe compromettere l’intera missione. Un altro studio ha analizzato in modo più approfondito sia il sonno che le abitudini dell’equipaggio del progetto Mars500. Tutti i membri coinvolti presentavano una riduzione progressiva dell’attività fisica come se stessero cercando di risparmiare le proprie energie. I problemi legati al sonno inficiavano chiaramente le prestazioni cognitive ed incrementavano i potenziali conflitti nel team.

In conclusione

Gli studi realizzati sulla Terra, come il Mars500 o il HI-SEAS, sono preziosi in quanto forniscono delle indicazioni sui potenziali rischi psicosociali a cui potrebbero andare incontro gli astronauti. Non si tratta però di dati definitivi, infatti, per quanto la simulazione possa essere accurata le persone sanno di non essere isolati nello spazio e sono comunque sottoposti alla gravità (altro elemento che rende difficile realizzarela possibilità di realizzare una simulazione efficace). Ci sono altri aspetti che potrebbero influenzare, questa volta positivamente, la componente emozionale degli astronauti come ad esempio l’idea di compiere una missione unica nella storia, il fascino dell’ esplorazione spaziale e la possibilità diessere i primi essere umani a camminare sul suolo marziano.

Dott.Igor Graziato

Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni

Specialista in Psicoterapia

Esperto di VRT (Virtual Reality Therapy)

Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy

Ipnosi Clinica Evidence Based

Membro dell'American Psychological Association

Membro della Division 30 Society of Psychological Hypnosis

Past Vice President Ordine degli Psicologi del Piemonte

Bibliografia

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