Videogiochi di ruolo migliorano attenzione e memoria

5 settembre 2025
Videogiochi di ruolo migliorano attenzione e memoria

Da oltre vent’anni la ricerca scientifica  ha documentato come i i videogiocatori  abituali di titoli d’azione (Action Video Game Players, AVGPs) mostrino prestazioni superiori  alla media in una serie di aspetti cognitivi  come la rapidità di risposta dal punto visuo-spaziale (Green & Bavelier, 2003; Bavelier et al., 2012). Storicamente, i giochi di ruolo (Role-Playing Games, RPGs) venivano esclusi  da queste indagini perché ritenuti “lenti” e narrativi, quindi poco idonei a stimolare i circuiti attentivi messi alla prova dai cosiddetti “sparatutto”. Oggi, però, i confini tra i vari generi sono molto più sfumati: titoli come The Witcher 3 o Final Fantasy XVI incorporano combattimenti in tempo reale, multitasking strategico e decision-making rapido—tutte componenti tipiche dei giochi d’azione.

Perché testare i videogiocatori di titoli RPG?

L’ipotesi di partenza è semplice: se un gioco richiede un'attenzione distribuita, selezione  di bersagli multipli e aggiornamento continuo della memoria di lavoro, allora potrebbe plasmare le stesse reti neurali  coinvolte nei benefici osservati per gli AVGPs. Ignorare i moderni RPG significherebbe, dunque, trascurare un’evoluzione del medium che potrebbe avere ricadute cognitive rilevanti. Per orientare rapidamente il lettore nella struttura metodologica dell’indagine, riportiamo di seguito i dati essenziali relativi al campione e ai compiti cognitivi utilizzati. Questi punti offrono una fotografia immediata  del disegno sperimentale, chiarendo come e perché siano state valutate le abilità attentive e visuo-spaziali dei partecipanti.

  • Campione: 176 partecipanti—76 AVGPs, 77 non videogiocatori (NVGPs), 23 RPG Players (RPGPs).
  • Compiti cognitivi online
  • Useful Field of View (UFOV): valuta quanto ampiamente si può distribuire l’attenzione fra un target centrale e uno periferico.
  • Multiple Object Tracking (MOT): richiede di seguire più oggetti in movimento, aggiornando dinamicamente la memoria di lavoro visuo-spaziale.

Nel loro insieme, questi elementi delineano un protocollo sperimentale rigoroso che consente di confrontare in modo affidabile l’impatto delle diverse abitudini videoludiche  sulle funzioni cognitive chiave. Questa sintesi prepara il terreno per interpretare in modo critico i risultati che seguono e per comprendere le implicazioni – teoriche e applicative – del lavoro. Vediamo insieme una sintesi dei risultati:
RPGPs ≈ AVGPs > NVGPs
In entrambi i task, i giocatori di ruolo hanno eguagliato i giocatori d’azione e superato i non giocatori.
Ruolo di età e genere
È possibile che le differenze demografiche possono parzialmente spiegare le prestazioni.
Primo indizio di “equiparazione cognitiva”
È la prima evidenza sistematica che un RPG moderno, se giocato abitualmente, può essere allenante quasi quanto un FPS.

Cosa sostiene la psicologia cognitiva rispetto ai videogiochi?

Negli ultimi anni, l’interesse per l’impatto dei videogiochi sulle funzioni cognitive è cresciuto esponenzialmente, soprattutto in ambito neuroscientifico  e psicologico. Mentre gli action game sono stati a lungo considerati il modello di riferimento per l’allenamento cognitivo, i giochi di ruolo  (RPG) stanno emergendo come una categoria a sé stante, in grado di stimolare processi mentali complessi  in modo differente ma altrettanto efficace. Meccaniche come la gestione del team, la narrazione  immersiva e la pianificazione strategica rendono gli RPG un training mentale ideale  per esercitare attenzione, memoria di lavoro e capacità decisionali. In particolare, le dinamiche di gioco sembrano avere un impatto diretto su abilità misurate da task cognitivi standardizzati come l’UFOV (campo visivo utile) e il MOT (monitoraggio di oggetti multipli). Analizziamo ora perché.

  • Attenzione selettiva: le “battaglie” in tempo reale implicano continui cambi di bersaglio e di priorità, allenando la capacità di distribuire il focus in spazi ampi—esattamente ciò che misura l’UFOV.
  • Controllo esecutivo: gli RPG complessi impongono di monitorare cooldown, posizionamento nemico e strategia del party, un esercizio di memoria di lavoro che si riflette nel MOT.
  • Motivazione intrinseca: la forte componente narrativa mantiene alta l’adesione al training—un fattore chiave nei programmi di potenziamento cognitivo basati sul gioco (Oei & Patterson, 2014).

In definitiva, gli RPG  non sono solo esperienze di intrattenimento profondo e coinvolgente, ma anche potenti strumenti di stimolazione cognitiva ed emozionale. La loro struttura complessa richiede una costante alternanza tra attenzione selettiva e divisa, controllo esecutivo e aggiornamento dinamico delle informazioni: esattamente le competenze che ricerche recenti individuano come fondamentali per l’adattamento cognitivo. A questo si aggiunge la motivazione intrinseca, spesso trascurata nei paradigmi di training cognitivo tradizionali, ma cruciale per l’efficacia dell’apprendimento. Lungi dall’essere semplici “passatempi”, i moderni giochi di ruolo possono rappresentare una nuova frontiera  per il potenziamento cognitivo, soprattutto se integrati in programmi strutturati e guidati da evidenze scientifiche.

Quali implicazioni pratiche emergono da questa ricerca?

La ricerca scientifica sul rapporto tra videogiochi e funzioni cognitive continua a sorprendere. Non tutti i giochi sono uguali: le loro meccaniche possono influenzare in modo diverso l’attenzione, la memoria e la flessibilità mentale. Questo studio ci aiuta a capire quali generi videoludici  possano offrire benefici specifici, aprendo nuove prospettive non solo per i game designer, ma anche per psicologi, educatori e professionisti della salute. In particolare:

  • Game design educativo: integrare meccaniche action negli RPG può rendere i serious game più efficaci per la riabilitazione attentiva e l’invecchiamento attivo.
  • Screening personalizzato: clinici e ricercatori dovrebbero considerare il profilo ludico completo del paziente o del partecipante, non solo gli “sparatutto”.
  • Benessere digitale: se confermati, i benefici degli RPG offrono un’alternativa meno frenetica agli shooter per chi cerca un potenziamento cognitivo senza la componente violenta ad alta frequenza.

In sintesi, i videogiochi  non sono semplici passatempi: se utilizzati con criterio, possono diventare strumenti preziosi per la riabilitazione cognitiva, il benessere digitale e persino l’invecchiamento attivo. Il futuro della ricerca andrà nella direzione di sperimentazioni controllate, analisi neurofisiologiche e una nuova classificazione dei giochi basata sulle funzioni esecutive.  Un passo oltre il tradizionale confine tra “gioco” e “terapia”: verso un utilizzo mirato e consapevole del medium videoludico. Le direzioni future della ricerca possono comprendere:

  • Studi longitudinali: programmi di training controllato di 20–30 ore per stabilire se l’RPG “causa” il miglioramento
  • Analisi neurale: fMRI e EEG per mappare le reti attenzionali coinvolte.
  • Tassonomia ludica sulle funzioni esecutive: superare la dicotomia RPG/Action, costruendo scale dimensionali (tempo di reazione richiesto, densità di stimoli, necessità di multitasking).

Conclusioni
I risultati suggeriscono che l’
evoluzione degli RPG  ha colmato il divario con i giochi d’azione in termini di richieste cognitive, generando benefici comparabili su attenzione e memoria di lavoro visuo-spaziale. Per una disciplina—la psicologia cognitiva—da sempre interessata a come l’esperienza modella il cervello, gli RPG rappresentano oggi un laboratorio naturale  che merita altrettanta attenzione degli sparatutto. In generale i videgogiochi hanno un impatto importante sulla dimensione cognitiva ed emozionale della mente umana.
Bibliografia
Dale, G., Kattner, F., Bavelier, D., & Green, C. S. (2020). Cognitive abilities of action video game and role-playing video game players: Data from a massive open online course. Psychology of Popular Media, 9(3), 347–358.

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