Formazione e videogame: allenare la mente e migliorare la performance

Da oltre un secolo, psicologi e neuroscienziati cercano di comprendere perché alcune persone apprendono più velocemente o si adattano meglio ai compiti complessi. Le due spiegazioni classiche — la pratica e le risorse cognitive individuali — sembrano non essere più sufficienti. Chi riesce a gesetire meglio la memoria di lavoro o possiede una maggiore capacità di attenzione tende a performare meglio, questo è per certi versi ovvio; ma in molti casi il vantaggio svanisce quando cambia il tipo di compito. Allo stesso modo, la semplice ripetizione (la pratica) non garantisce sempre un miglioramento stabile. Il problema è che, nella realtà, i compiti non sono tutti uguali: la struttura stessa del compito modifica il modo in cui il cervello apprende.
Un nuovo paradigma sperimentale: il videogioco come laboratorio cognitivo
In due esperimenti condotti recentemente, un gruppo di ricercatori ha utilizzato un videogioco ispirato al celebre
Plants vs. Zombies per studiare come diverse
caratteristiche del compito influenzino l’apprendimento, la memoria e la prestazione. L’idea alla base è tanto semplice quanto efficace: i videogame permettono di
controllare con precisione le variabili cognitive, mantenendo alta la motivazione del partecipante.
In questo caso, ogni partita — cinque round in totale — variava su due dimensioni fondamentali:
- Mappatura stabile Vs. mappatura variabile:
- Nella versione stabile, gli stimoli visivi (ad esempio i simboli o i nemici) mantenevano sempre lo stesso significato.
- Nella versione variabile, invece, lo stesso stimolo cambiava significato ogni pochi minuti, costringendo il giocatore a ricodificare continuamente le regole.
- Condizione statica vs. condizione dinamica:
- Nella versione statica, il gioco procedeva a turni, senza pressione temporale.
- Nella versione dinamica, gli stimoli si muovevano indipendentemente dalle risposte del giocatore, creando un ambiente “vivo” e imprevedibile.
Questi
esperimenti mostrano con chiarezza che
non è solo la difficoltà di un compito a determinare la performance, ma il modo in cui quel compito è strutturato e percepito dal cervello. La mente non è un
sistema che produce risultati lineari: è un sistema adattivo che si rimodella in base al contesto. Quando l’ambiente di
gioco è stabile, il cervello può costruire
schemi previsionali
e automatismi efficienti. Quando, invece, le
regole cambiano o il tempo impone pressione, la mente entra in uno stato di allerta cognitiva, consumando più risorse per mantenere il controllo. In questo senso, il
videogioco non è solo uno
strumento di intrattenimento, ma un
laboratorio dinamico della cognizione: un luogo in cui possiamo osservare, con precisione e immediatezza,
come l’essere umano impara, si adatta e talvolta si disorienta. Studiare questi meccanismi significa non solo comprendere meglio la mente del giocatore, ma anche
progettare ambienti di apprendimento, simulazioni e training cognitivi più efficaci. Perché, come dimostrano questi esperimenti, ogni regola che cambia, ogni secondo che passa, ogni scelta sotto pressione evidenzia qualcosa di fondamentale su
come il cervello umano affronta la complessità.
Cosa accade nel cervello quando il compito cambia?
Quando la "mappatura" del compito è costante, il cervello può costruire rappresentazioni stabili: reti neuronali che consolidano l’associazione tra stimolo e risposta. È il dominio dei gangli della base e della corteccia premotoria, dove l’apprendimento procedurale automatizza le azioni con la pratica. Ma quando la mappatura diventa variabile, entra in gioco un altro sistema: la corteccia prefrontale dorsolaterale deve continuamente aggiornare le regole e inibire quelle precedenti. Questo processo richiede memoria di lavoro, flessibilità cognitiva e un elevato controllo esecutivo. Non sorprende, quindi, che i partecipanti abbiano mostrato un netto calo di accuratezza e velocità nella condizione variabile: il cervello, in pratica, era costretto a “reimparare” di continuo. Nel secondo esperimento, il passaggio da una condizione statica a una dinamica ha introdotto un ulteriore fattore: il tempo. Lo stress legato al tempo aumenta il carico cognitivo e riduce la disponibilità di risorse attentive per l’apprendimento. In queste condizioni, l’ansia da prestazione e il rumore cognitivo diventano nemici silenziosi. Le regioni coinvolte nel monitoraggio attentivo — come la corteccia cingolata anteriore — lavorano al limite, e la memoria operativa viene rapidamente saturata. Risultato: anche con la stessa quantità di pratica, l’apprendimento e la precisione peggiorano drasticamente sotto carico cognitivo e in condizioni dinamiche.
Questi risultati cambiano la prospettiva classica sul rapporto tra intelligenza, pratica e abilità. Non è solo “quanto” si pratica o “quanto” si è dotati a contare, ma come il compito interagisce con le risorse cognitive del soggetto. Un compito stabile e prevedibile permette al cervello di fare economia delle risorse cognitive, consolidando automatismi. Un compito instabile, invece, sposta l’equilibrio verso il pensiero deliberativo e la gestione dello stress. In termini di performance design, significa che due persone con la stessa intelligenza e lo stesso impegno possono avere esiti completamente diversi semplicemente perché la struttura del compito le obbliga a usare strategie cognitive differenti. Modificare il contesto di gioco può quindi aiutare le persone ha sviluppare nuove competenze e a migliorare la performance.
Implicazioni per la formazione e il game-based learning
I risultati sperimentali non restano confinati al laboratorio: trovano applicazione diretta nel modo in cui progettiamo l’apprendimento. La formazione, oggi, non può limitarsi a trasmettere contenuti; deve modellare esperienze che rispecchiano il funzionamento del cervello. Proprio come in un videogioco complesso, l’equilibrio tra regolarità e sorpresa, tra automatismo e adattamento, diventa la chiave per mantenere alta l’attenzione e consolidare l’apprendimento.
Nel campo della formazione, questi dati hanno un valore concreto:
- Le esperienze di apprendimento dinamiche e variabili sviluppano la flessibilità cognitiva, ma vanno introdotte progressivamente.
- Le fasi statiche e costanti restano fondamentali per costruire automatismi e ridurre il carico cognitivo iniziale.
- Un buon training cognitivo o un serio gioco educativo deve alternare momenti di stabilità e di cambiamento controllato, come fa il cervello stesso quando apprende nel mondo reale.
In fondo,l'apprendimento è un processo complesso e che richiede anche nuovi stimoli. Troppa stabilità genera noia; troppa variabilità, confusione. I programmi di formazione più efficaci — che siano videogame educativi, simulatori o percorsi aziendali — sono quelli che
riproducono la dinamica naturale dell’apprendimento cerebrale: creano prevedibilità per consentire al cervello di consolidare, e poi la rompono per costringerlo a reinventarsi.
In sintesi
- Le caratteristiche del compito non sono solo un dettaglio tecnico, ma la chiave che determina come il cervello apprende.
- Un ambiente dinamico, imprevedibile o incoerente costringe la mente a strategie flessibili ma dispendiose; uno stabile e ripetitivo favorisce la padronanza, ma riduce l’adattabilità.
- In un’epoca in cui la formazione, la realtà virtuale e i videogame si fondono sempre di più, comprendere questi meccanismi significa poter progettare esperienze di apprendimento più efficaci e basate su un approccio evidence based.
- Il videogioco, lungi dall’essere un semplice intrattenimento, si conferma così un laboratorio privilegiato per studiare la mente umana — dove ogni round, ogni stimolo, ogni regola diventa una finestra aperta sul modo in cui il cervello costruisce la competenza.
Bibliografia
Macnamara, B. N., & Frank, D. J. (2018). How do task characteristics affect learning and performance? The roles of variably mapped and dynamic tasks. Journal of Experimental Psychology: Learning, Memory, and Cognition, 44(5), 764–778
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