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Come uscire dalla zona di comfort

ago 12, 2021

La zona di comfort è un’espressione che indica uno stato psicologico di benessere in cui un individuo sperimenta un basso livello di stress e di ansia. Nella comfort zone le prestazioni diventano costanti e i comportamenti seguono degli schemi consolidati e sicuri ma vengono a mancare le sfide e le opportunità.

Come uscire dalla zona di comfort

Le origini del concetto Zona di comfort

E’ difficile risalire all’origine dell’espressione comfort zone anche se una prima comparsa ufficiale si può trovare nel titolo di un libro di Judith Bardwick “Danger in the Comfort Zone: From Boardroom to Mailroom – How to Break the Entitlement Habit that's Killing American Business” pubblicato nel 1991. All’interno del testo però non si trova una definizione specifica di questo concetto che può avere una sua origine in ambito psicologico. Un altro riferimento alla zone di comfort risale ancora più indietro nel tempo al 1907 quando lo psicologo Robert Yerkes individuò l’idea di uno “spazio comportamentale” dove poter massimizzare la performance grazie a un certo livello di stress superiore alla norma.


La zona di comfort e la legge di Yerkes-Dodson

Ed è così che nacque la “egge di Yerkes-Dodson ovvero un modello di studio psicologico che collegava lo stress alla prestazione. Infatti sia la troppa che la poca attivazione genera nell’individuo delle performance negative, ma un giusto livello di stress è in grado di creare degli effetti positivi. Nel 2009 Alasdair A.K. White un esperto di management noto per il suo lavoro sulla gestione della performance aziendale insieme a John Fairhurst ha sviluppato un modello relativo al ciclo di vita delle prestazioni riuscendo così a definire il concetto di “comfort zone” nel documento “From Comfort Zone to Performance Management”. L’espressione quindi in realtà nasce nell’area organizzativa ed è utilizzata soprattutto nell’ambito manageriale e di business.

Che cos’è la zona di comfort?

Possiamo definire la comfort zone “come uno stato psicologico (cognitivo ed emozionale) in cui la persona si sente a proprio agio, ha un pieno controllo dell’ambiente, sperimenta bassi livelli di ansia e di stress e può così mantenere costante il suo livello di performance”. L’idea della “comfort zone” ha avuto un enorme successo nel pubblico diventando un’espressione rapidamente popolare ma perdendo molto del suo significato originale. Spesso questo concetto si accompagna all’idea che sia sempre necessario uscire dalla “zona di comfort” per progredire come essere umano a prescindere dalle proprie caratteristiche (punti di forza e aree di miglioramento legate alla propria personalità). Una visione polarizzata e dicotomica in cui si contrappone il senso di sfida a quello di tranquillità. Ma questa visione rischia di essere una distorsione del principio della comfort zone. Se ci pensiamo un attimo , infatti, per quale ragione dovrei abbandonare qualcosa che può generare anche un beneficio dal punto di vista psicologico? Ed è sempre necessario “rompere gli schemi” per poter stare meglio? Ovviamente la risposta è molto più sfocata e “fuzzy” di quanto possiamo immaginare.


Uscire dalla zona di comfort esempi concreti

Vediamo alcuni esempi di persone che sono uscite dalla loro "zona di comfort":


  • Un dipendente che lascia il proprio lavoro a tempo indeterminato per avviare un'attività in proprio, mettendosi in gioco e affrontando il rischio anche il rischio di fallire.
  • Uno sportivo che decide di partecipare a una gara confrontandosi con atleti più preparati per mettersi alla prova;
  • Un individuo che decide di sfruttare ogni occasione per parlare in pubblico.
  • Una persona che decide di iscriversi a un corso di formazione o un master per imparare una nuova abilità, mettendosi in gioco piuttosto che lamentarsi del proprio lavoro.
  • Chi decide di trasferisi in un altro paese per vivere una nuova esperienza e uscire dalla sua comfort zone affrontando tutti i disagi connessi con tale decisione.

Come puoi vedere, uscire dalla zona di comfort può significare affrontare nuove sfide, mettersi alla prova e superare le proprie paure. Spesso, uscire dalla zona di comfort può portare a grandi cambiamenti e sviluppi positivi nella vita di una persona. Ma per farlo serve aver sviluppato una piena consapevolezza dei propri punti di forze, delle aree di miglioramento e delle proprie fragilità.

Uscire dalla zona di comfort!

Quante volte dei motivatori e dei coach semplificano questo concetto riducendo tutto alla semplice idea di “andare fuori dagli schemi”? Nella realtà le cose sono ovviamente molto più complesse e richiedono quindi un approfondimento rispetto alle caratteristiche psicologiche individuali, agli obiettivi di cambiamento e al contesto in cui si opera. È normale avere una “zona di comfort” ovvero un luogo che ci fa sentire al sicuro e tranquilli. Non c’è nulla di male in questo anzi l’essere umano da sempre è alla ricerca sia di sfide che di luoghi sereni dove riposarsi.

Ad esempio l’Ulisse descritto da Omero nell’Odissea non si limita a partecipare alla guerra di Troia ma è spinto dalla “curiositas” non solo a scoprire nuovi luoghi ma a vivere profonde emozioni che lo condurranno a sfidare persino le divinità. Egli nonostante i successi ottenuti in più occasioni ha un solo grande desiderio quello di ritornare nella sua “petrosa Itaca” così infatti Ugo Foscolo definisce il luogo natio di Ulisse. Essa rappresenta la sua “zona di comfort” ed è il “nostos” che guiderà Ulisse fino al rientro.  Nell’interpretazione di Dante Alighieri Ulisse una volta ritornato sull’isola prova una sensazione di tedio che lo spinge a ripartire per nuove avventure insieme ad alcuni fedeli compagni ed è per questo che riprende nell’immaginario dantesco il suo ultimo viaggio spinto proprio dal suo desiderio di conoscenza (“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” Canto XXVI dell’Inferno tratto dalla “Divina Commedia”).

E’ chiaro che la necessità di un cambiamento nasce quando un individuo inizia a maturare la sensazione di essere rimasto bloccato all’interno di una ruotine che non lo fa evolvere, che riduce il suo livello di performance e quindi cerca di realizzare un cambiamento. Lo stress (positivo) generato dal fatto di mettersi in gioco può allertare il nostro organismo e stimolare la mente a trovare delle nuove soluzioni. Ogni individuo durante la propria esistenza riflette sul desiderio di voler cambiare alcune abitudini, il suo stile di vita o la professione. Ma quando riesce realmente a farlo? Non tutti infatti siamo come Ulisse o come gli eroi contemporanei rappresentati nell’immaginario collettivo (dai super-eroi cinematografici agli sportivi iper-performanti). Spesso infatti in queste narrazioni “epiche” viene trascurato un dettaglio importante ovvero le caratteristiche specifiche dell’individuo, la sua personalità e la sua capacità di impegnarsi quotidianamente senza avere la certezza di ottenere un risultato concreto. Le descrizioni ex-post generano l’illusione che il percorso sia semplice, lineare e accessibile a tutti quando invece si tratta spesso di un lavoro faticoso e dagli esiti incerti. Bisogna quindi diffidare di quei motivatori e coach che semplificano tutto il discorso con l’espressione “Esci dalla tua zona di comfort!”.

Come mai è così difficile uscire dalla zona di comfort?

L’essere umano cerca di risparmiare le sue risorse cognitive, tende a seguire e a ripetere degli schemi consolidati (dei quali normalmente ha una scarsa consapevolezza) e la parte emozionale può intervenire per bloccare ogni tentativo di cambiamento. Se una persona avverte un “pericolo” o un senso generale di “disagio” si possono mettere in moto dei comportamenti di evitamento. Il cambiamento per quanto possa apparire stimolante tende a generare delle inevitabili resistenze. Ad esempio, provate a pensare al senso di disagio che potete sperimentare quando il vostro smartphone subisce un aggiornamento del software. Potreste improvvisamente trovarvi smarriti e non riconoscere più un ambiente familiare. Questo fenomeno è noto agli psicologi come “effetto Lock-in”. Cambiare un’interfaccia di un programma produce immediatamente un calo della performance, incrementa il livello di stress e genera quindi delle ricadute anche negative. La comfort zone rappresenta quindi contemporaneamente due diversi stati psicologici contrapposti: uno legato alla sfida, allo sviluppo personale e professionale ma anche alle incognite che cambiare le nostre abitudini comporta in noi e un altro collegato alla dimensione della tranquillità che richiama però anche il senso di ruotine e di staticità. Il cambiamento anche se desiderato può accompagnarsi a uno stato psicologico di paura e di tensione e generare quindi dei comportamenti di evitamento. È come immaginare di trovarsi circondati da un recinto e sognare di poter oltrepassare questa barriera per scoprire nuove opportunità e nuove possibilità ma uscire da questi schemi comporta anche l’avventurarsi in zone ignote.


Prendere delle decisioni: l’asino di Buridano

Il noto esempio dell’asino di Buridano spiega a livello simbolico uno dei problemi tipici dei processi decisionali basati esclusivamente sulla dimensione razionale. La storia recita quanto segue "Un asino affamato e assetato è accovacciato esattamente tra due mucchi di fieno con, vicino a ognuno, un secchio d'acqua, ma non c'è niente che lo determini ad andare da una parte piuttosto che dall'altra. Perciò, resta fermo e muore”. Se la razionalità gioca un ruolo fondamentale per la nostra mente l’idea di trovarsi davanti a due scelte uguali comporterebbe una sorta di “circolo vizioso”.

Ma bisogna anche sottolineare come due aspetti in netta contrapposizione potrebbero generare lo stesso blocco decisionale. Immaginate di dover scegliere tra due mete per una vacanza ad esempio Parigi o le Maldive. Se decidete di andare a Parigi rinuncerete al relax e alla bellezza di riposare in un’isola immersi dall’oceano ma se andrete alle Maldive non avrete a disposizione una romantica città d’arte. La scelta anche in questo caso appare impossibile sul piano puramente razionale dato che ogni decisione comporta sia un vantaggio che una perdita. L’ideale sarebbe poter avere un 30% di Parigi alle Maldive o viceversa ma sarebbe comunque una soluzione di “compromesso”. Per questa ragione quando siamo di fronte a una scelta i nostri processi decisionali possono entrare in conflitto e l’idea di lasciare qualcosa di conosciuto per una situazione affascinate ma al tempo spesso “preoccupante” potrebbe far scattare un meccanismo di fuga tipico dell’essere umano. I comportamenti più basici del nostro cervello sono orientati a garantire la nostra sopravvivenza e condividiamo questa parte con i nostri avi che vivevano nelle caverne. Le parti più antiche del nostro cervello sono programmate per stimolare dei comportamenti “innati” di fuga, attacco o di “congelamento” di fronte a un pericolo. Se nel passato questo era utile per sfuggire ad animali feroci oggi questo sistema si può attivare per “pericoli” virtuali o anche solo immaginati. L’idea ad esempio di cambiare lavoro o di lasciare la propria nazione per avventurarsi in qualche nuova esperienza professionale può creare comprensibilmente dell’ansia. Infatti un cambiamento deve sempre comportare un minimo di attivazione emozionale anche perché “l’ansia” se ben gestita può rappresentare un ottimo alleato. Infatti coloro che non provano paura rischiano spesso di mettersi in situazioni a pericolose e di fare una brutta fine, cosa che accade purtroppo di frequente negli sport estremi dove l’eccesso di sicurezza e l’assenza di “ansia” possono spingere la persona a compiere azioni sempre più pericolose mettendo così a repentaglio la propria esistenza. Ma anche sperimentare un alto livello di ansia rappresenta un problema dato che questo limita la possibilità di cambiare.


Uscire dalla zona di comfort

Un buon livello di stress è utile per migliorare la performance e consente di sviluppare nuove competenze e raggiungere nuovi obiettivi professionali. La zona di comfort è un luogo in cui ci sentiamo sicuri e protetti. Ma può anche essere una prigione che limita la nostra capacità di crescere, imparare e cambiare. È importante uscire dalla zona di comfort perché ci aiuterà a crescere, imparare e cambiare.

Proviamo a vedere qualche consiglio per ottenere questi risultati:

  1. Per prima cosa devi conoscere le tue risorse, i tuoi punti di forza e le tue aree di miglioramento. Per promuovere un vero cambiamento non bastano gli slogan o le frasi motivazionali serve un percorso psicologico di coaching focalizzato a definire i tuoi obiettivi professionali e/o personali.
  2. Ogni decisione comporta dei rischi ma è proprio mettendoti di fronte a una situazione “disagevole” che puoi riscoprire in te delle nuove risorse e delle nuove capacità.
  3. Ricordati che la routine è tranquillizzante ed è qualcosa a cui non devi rinunciare completamente; infatti la questione è molto più sfumata di quanto certi motivatori vogliono farti credere.
  4. Evita l’iperperfezionismo. Se aspetti di essere pronto al 100% promuoverai solo il tuo immobilismo.
  5. La nostra mente è in grado di apprendere dall’esperienza e per questa ragione è importante passare all’azione, raccogliere i feedback e migliorare le prestazioni.
  6. Non si tratta solo di uscire dalla zona di comfort quanto di ampliare questo spazio.
  7. Prova ogni giorno a fare qualcosa di “scomodo”, a modificare qualche comportamento. Il vero cambiamento avviene attraverso le piccole cose quotidiane.
  8. Nella tua storia di vita sei uscito decine di volte dalla tua zona di comfort e oggi hai probabilmente dimenticato che prima di ogni cambiamento avevi provato un po’ di naturale ansia.
  9. Inizia con il cambiare le cose che fai tutti i giorni introducendo qualche novità. Ad esempio prova un nuovo locale senza guardare le recensioni, prova un nuovo cibo o compra una camicia di un colore per te inusuale.
  10. Prenditi del tempo per decidere ma non procrastinare troppo. Infatti il pensare e il progettare aiutano ma a un certo punto devi passare all’azione. Fidati delle tue risorse e delle tue capacità e cerca di essere comprensivo con te stesso.

Dott.Igor Graziato

Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni

Specialista in Psicoterapia

Esperto di VRT (Virtual Reality Therapy)

Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy

Ipnosi Clinica Evidence Based

Membro dell'American Psychological Association

Membro della Division 30 Society of Psychological Hypnosis

Past Vice President Ordine degli Psicologi del Piemonte

Riferimenti scientifici sulla zona di comfort
  • Bardwick Judith (1995). Danger in the Comfort Zone: From Boardroom to Mailroom -- How to Break the Entitlement Habit That's Killing American Business. Amacom, American Management Association.
  • Dozois, D. J. A. (2018). Not the years in your life, but the life in your years: Lessons from Canadian psychology on living fully. Canadian Psychology/Psychologie canadienne, 59(2), 107–119.
  • March James G. (1998). Prendere decisioni. Il Mulino.
  • White A. (2009). From Comfort Zone to Performance Management: understanding development and performance. White&MacLean Publishing ISBN:9782930583013.

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