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Smombie: chi sono e come si comportano?

ott 16, 2022

Gli smombie sono quelle persone che camminano in strada senza alzare lo sguardo dallo smartphone. L’espressione è un neologismo che è stato inserito anche nella Treccani.

Smombie chi sono e come si comportano

Smombie gli zombie con lo smartphone

Smombie è un neologismo che nasce dall’unione del termine smartphone con la parola zombie. Questa espressione è nata in Germania nel 2008 e nel 2015 è entrato ufficialmente nel dizionario della Langenscheidt; mentre da noi in Italia è stato solo recentemente inserito come voce autonoma nel vocabolario Treccani. Si tratta della difficoltà di staccare gli occhi dallo schermo dello smartphone anche quando si cammina e questo rappresenta un comportamento sempre più diffuso e comune. Gli Smombie, per questo motivo, rischiano di finire sotto un’auto o di andare a sbattere contro un palo perché utilizzano costantemente questo device. Infatti i giornali riportano come nella Corea del Sud si registrino sempre più incidenti stradali dovuti alla distrazione dei passanti, mentre in alcune nazioni si è pensato addirittura di creare delle corsie dedicate solo ai cosiddetti smombie. Ma attenzione a generalizzare o a cadere vittime di un facile pregiudizio o stereotipo.

Perché usiamo così tanto lo smartphone?

Lo smartphone rappresenta uno strumento prezioso che permette a tutti noi di comunicare e di accedere ad una quantità infinita di risorse. Infatti possiamo ascoltare della musica, un audiolibro, effettuare una videochiamata, guardare una serie o un film, essere sempre aggiornati e comunicare con qualsiasi persona in ogni parte del mondo. Per questa ragione è importante ricordare che lo smartphone ha un’infinità di utilizzi diversi e quindi inevitabilmente occupa una parte importante del nostro tempo. Solo qualche anno fa noi distribuivamo lo stesso tempo su una serie di dispositivi diversi come ad esempio il telefono, la televisione, il computer, il navigatore, il dvd player, lo stereo o la macchina fotografica mentre oggi abbiamo tutto concentrato all’interno di un solo device:

lo smartphone. Proprio il fatto di utilizzare un singolo strumento incrementa la sensazione che le persone soffrano di una sorta di “dipendenza” da smartphone, mentre in realtà stiamo spendendo più o meno la stessa quantità di tempo del passato utilizzando però un unico strumento. Questo non esclude che non possano esistere delle forme di iper-utilizzo, ma si tratta di comportamenti che segnalano un disagio già presente nell’individuo in precedenza.

Il mito degli Hikikomori

Hikikomori è un termine nipponico che significa letteralmente “stare in disparte”. In Giappone il fenomeno è presente da decenni (ben prima dell’avvento del web e degli smartphone) e indica uno stato di ritiro sociale che affonda le sue radici nella cultura orientale. Infatti, in Giappone, il senso di vergogna è particolarmente diffuso all’interno di una società estremamente competitiva e per certi versi spietata. È evidente che dietro questo fenomeno possano celarsi dei disturbi psicologici e in alcuni casi anche di rilevanza psichiatrica. Purtroppo, in Italia, l’uso eccessivo dell’espressione Hikikomori produce degli errori di valutazione da parte del mondo adulto e alle volte anche da parte dei professionisti che possono illudersi di trovare una spiegazione del problema psicologico nell’uso massivo delle nuove tecnologie. In realtà il problema è invece decisamente più complesso e il ritiro sociale deve sempre essere approfondito evitando di ricorrere ad etichette quella dei Hikikomori che tra l’altro non dovrebbe essere utilizzata in Italia o in occidente. Infatti c’è l’abitudine semplicistica di sradicare dalla cultura di appartenenza, e di conseguenza dalla sua cornice simbolica, un termine o una pratica e questo produce sempre degli effetti negativi.

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    Camminare senza staccare gli occhi dallo smartphone è un comportamento sempre più diffuso.

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    Smombie è un neologismo che unisce il termine smartphone con la parola zombie

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    Lo smartphone ha un’infinità di usi diversi e quindi inevitabilmente occupa una parte importante del nostro tempo.

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Gli effetti delle notifiche dello smartphone sul comportamento umano

Le notifiche sono in genere accompagnate da un segnale sonoro e visivo che attira l’attenzione dell’utilizzatore dando quindi precedenza a tutto ciò che lo circonda. Infatti è complesso “resistere” alla tentazione di controllare lo smartphone dopo aver ricevuto una notifica. Gli strumenti di comunicazione come WhatsApp o Telegram possono generare una sensazione di iper-vigilanza negli utilizzatori anche se, al momento, non emergono evidenze rispetto ad un calo della performance (Johannes, N., Veling, H., Verwijmeren, T., & Buijzen, M. 2019). L’uso massivo degli smartphone potrebbe invece interferire con il senso generale di soddisfazione nelle persone. Anche se in questo caso è difficile stabilire un nesso causale dato che le persone meno soddisfatte potrebbero utilizzare in modo eccessivo e disfunzionale gli smartphone proprio perché spinti dalla necessità di compensare un qualche problema psicologico più profondo (Volkmer, Sara Alida; Lermer, Eva April 2019).

Ipnosi da smartphone?

È probabile che alcune applicazioni come Instagram o TikTok possano portare a una sorta di stato “ipnotico” per via del meccanismo su cui sono basati: ovvero lo scorrere senza fine di video o immagini. Quando l’utilizzo diviene un puro automatismo gli utenti perdono rapidamente il senso del tempo e il comportamento si trasforma in una risposta inconsapevole di fronte a degli stimoli. Tutto questo può ricordare lo stato di ipnosi. Per verificare questa ipotesi, in una ricerca, si è analizzato il grado di suggestionabilità di un campione composto da circa 650 persone attraverso una serie di scale di valutazione. I risultati hanno mostrato una lieve correlazione positiva tra il grado di suggestionabilità e l’uso dello smartphone che secondo l’analisi dei dati è improbabile che fosse spuria e quindi non significativa (Olson JA, Stendel M, Veissière S. 2020). È importante sottolineare che l’ipnosi viene considerata un “non stato” in quanto il cervello è predisposto naturalmente a prendere le distanze dagli stimoli esterni. Questo è un fenomeno che tutti noi sperimentiamo ad esempio quando stiamo guidando e pensiamo, ricordiamo o immaginiamo qualcosa senza perdere però il controllo del veicolo. In fondo anche quando guardiamo un film o uno spettacolo teatrale tendiamo a perderci nella narrazione diventando completamente inconsapevoli di quello che ci circonda.

In sintesi

  • Uno smartphone non produce una dipendenza, semmai è possibile che le persone con qualche fragilità o problematica psicologica trovino in questo dispositivo una sorta di auto-terapia.
  • Lo scorrere senza fine dei contenuti presenti su Instagram e su TikTok potrebbero generare, in alcuni soggetti facilmente suggestionabili, una sorta di stato ipnotico.
  • Anche un film, un’opera lirica o teatrale possono generare un senso di “distacco dalla realtà” e favorire l’immersione percettiva all’interno della narrazione.
  • Il termine Hikikomori è specifico della cultura nipponica e non deve essere utilizzato al di fuori di quel contesto.
  • Le persone che vengono etichettate come Hikikomori potrebbero soffrire di disturbi psicologi anche importanti. Il rischio, in questo processo di labeling, è quello di perdere del tempo prezioso e di non avere una diagnosi specifica del problema.
  • L’espressione Smombie rappresenta l’unione del concetto di smartphone con il termine zombie.
  • È probabile che trascorriamo più o meno lo stesso tempo del passato solo che è focalizzato su unico dispositivo come lo smartphone e non su più device (ad esempio la televisione, il computer, il telefono, il navigatore, il dvd player...).
  • Lo smartphone consente di fare un’infinità di attività e per questa ragione tendiamo ad utilizzarlo al massimo.

Dott.Igor Graziato

Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni

Specialista in Psicoterapia

Esperto di VRT (Virtual Reality Therapy)

Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy

Ipnosi Clinica Evidence Based

Membro dell'American Psychological Association

Membro della Division 30 Society of Psychological Hypnosis

Past Vice President Ordine degli Psicologi del Piemonte

Bibliografia

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