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Il potere della mente: come il pensiero agisce sul corpo

dic 14, 2021

Il pensiero può influenzare il corpo? Può la mente aiutare un musicista o uno sportivo?

Il potere della mente la mental practice

La mente è in grado di influenzare il corpo?

Molti studi scientifici confermano la presenza di un legame significativo tra i nostri pensieri, le nostre emozioni e il corpo. E' un po' a causa di Cartesio se tendiamo a considerare questi due aspetti come divisi (Res cogitans e Res extensa ovvero corpo e mente come entità separate) mentre in realtà siamo di fronte a un sistema complesso e non separabile. Ad esempio grazie all'ipnosi è possibile modificare la percezione del dolore, le aspettative possono rendere più efficace un farmaco, attraverso il neurofeedback è possibile modificare le risposte emozionali e tramite la psicoterapia si può cambiare la visione del mondo e comprendere come gli schemi inconsci siano in grado di influenzare il comportamento. Grazie alle neuroscienze e alle tecniche di neuroimaging oggi è possibile verificare sperimentalmente e oggettivamente l'impatto che la dimensione psicologica può avere sia sul corpo che sul comportamento umano. In sintesi i pensieri sono l'aspetto più concreto della nostra esistenza così come le emozioni che proviamo. Infatti molti disturbi sono di natura psicosomatica, gli stati d'ansia e di depressione influenzano negativamente la capacità di reazione del Sistema Immunitario e possono quindi rendere più fragile l'organismo.


La mente può migliorare le abilità di un musicista o di uno sportivo?

Si narra che il noto pianista Arthur Rubinstein non amasse particolarmente l’esercizio e la pratica “meccanica” ripetuta per ore ed ore e invece preferisse utilizzare come strategia di apprendimento la cosiddetta “Mental practice”. La “Pratica Mentale” infatti ha dimostrato scientificamente di migliorare la precisione e la velocità di movimento di un musicista aiutandolo così a raggiungere una performance più elevata. La Mental Practice viene definita come un esercizio “cognitivo” realizzato in assenza di reali movimenti fisici (Driskell et al. 1994). La ricerca realizzata nell’ambito della psicologia dello sport ha dimostrato scientificamente come la Mental Pratice sia in grado di migliorare la performance delle prestazioni motorie eseguite nella realtà da parte degli atleti. Anche in ambito musicale si è dimostrato come l’associazione tra la Mental Pratice e la Physical Practice sia in grado di migliorare la performance di un musicista. Gli studi realizzati in questo ambito hanno evidenziato come la Mental Practice possa produrre dei cambiamenti nel sistema motorio equiparabili a quelli che avvengono con la pratica tradizionale (Pascual-Leone et al., 1995).

La mental pratice consente, a un musicista o a uno sportivo, di risparmiare tempo prezioso

Il tempo è una risorsa preziosa e limitata. Con la "pratica mentale" è possibile ottimizzare il tempo che devi dedicare agli spostamenti per continuare il tuo apprendimento e il tuo esercizio.


Sei vicino a un concerto o a un evento importante?
L'allenamento mentale consente di migliorare la tua performance evitando di concentrare la tua attenzione su un sterile ripetizione di movimenti che rischia di ridurre la tua capacità espressiva, di rendere meccanica la tua prestazione o poco flessibile il tuo comportamento. La concentrazione e la capacità di reagire in funzione degli stimoli del contesto è fondamentale.


Hai un problema ai tendini
Attraverso un'adeguata preparazione mentale è possibile gestire in modo efficace l'ansia e la tensione per poter esprimere al meglio le tue capacità musicali sia dal vivo che durante una sessione di registrazione.


I vantaggi della Mental  Practice
La Mental Practice è una strategia che può essere utile sia per dei musicisti professionisti che per un semplice appassionato che, anche solo per hobby, desidera migliorare le sue skill. La Mental Pratice permette ad ogni tipo di musicista o sportivo di trarre un vantaggio al netto del suo livello di capacità raggiunto.

Ipnosi Evidence Based

La Mental Practice può essere realizzata anche in uno stato di ipnosi al fine di incrementare, ulteriormente, il livello di apprendimento. Inoltre l’ipnosi può essere utilizzata per affrontare con maggiore consapevolezza, attenzione e calma una performance dal vivo particolarmente impegnativa. Un training guidato consente infatti di apprendere e di utilizzare in modo autonomo delle strategie per garantire un miglior livello di concentrazione.Durante un’esecuzione la componente emozionale gioca un ruolo fondamentale infatti se il livello di attivazione supera una certa soglia può produrre una serie di problemi per il musicista. 

Saper gestire la componente psicologica è fondamentale per ogni musicista.

La paura di sbagliare, l’ansia derivata dalla presenza del pubblico, l’esecuzione di un brano particolarmente complesso dal vivo sono solo alcuni dei fattori che possono produrre un impatto negativo sull’esecuzione. È possibile, seguendo un percorso specifico, apprendere come gestire la componente emozionale attraverso specifiche strategie con l’obiettivo di migliorare la performance per un musicista.

In che modo applicare la Mental Practice?
La ricerca scientifica suggerisce che per ottenere dei risultati positivi attraverso l’uso della Pratica Mentale bisogna effettuarla in modo costante e “vivido”. Non si tratta quindi di un semplice “sogno ad occhi aperti” o dell’uso della sola fantasia ma di una pratica per certi versi simile e sovrapponibile a quella tradizionale. Sappiamo infatti che anche durante la Physical Practice è importante mantenere un grado di attenzione e consapevolezza nel suonare ed evitare di eseguire degli esercizi in modo “automatico”. Quindi, la Mental Pratice deve essere strutturata in modo simile all’esercizio tradizionale, impostando un training che tenga conto di una fase di auto-valutazione e della correzione degli “errori”. Studi precedenti hanno descritto l'efficacia della Mental Practice in diversi aspetti della performance musicale (Coffman, 1990; Kopiez, 1990; Theiler e Lippman, 1995; Cahn, 2008). Qualsiasi performance musicale è il frutto di una serie di azioni complesse che richiedono un livello importante di impegno a livello cognitivo, emozionale, somatosensoriale e motorio (Lotze et al., 2003; Haslinger et al., 2005). Alcune ricerche evidenziano come la capacità da parte di un musicista di immaginare l’azione motoria con particolare efficacia comporti delle ricadute concrete nella velocità di esecuzione reale. La rappresentazione mentale del movimento deve quindi essere realizzata con cura ed attenzione e non in modo generico aggiungendo anche la componente “auditiva”. Ovviamente nella Mental Practice dobbiamo fare i conti con l’assenza di un feedback sensoriale ma quando questo viene realizzato dalla PP possiamo attenderci un incremento importante sulla curva di apprendimento.

Prevenire danni fisici con la Mental Practice

La Mental Pratice consente di applicare le attuali conoscenze psicologiche e neuroscientifiche all’apprendimento di uno strumento musicale e, nel contempo, di ridurre il rischio per la salute dei musicisti (ad esempio lesioni alle articolazioni, infiammazioni e altri problemi di carattere medico derivati dall’intenso esercizio “fisico”). In alcuni casi, infatti, le lesioni possono anche essere così gravi da porre fine alla carriera di uno strumentista (Lockwood, 1989). Sappiamo che la pratica quotidiana rappresenta un elemento fondamentale per sviluppare delle abilità motorie complesse che sono alla base della performance di un musicista. L’utilizzo della Mental Practice consente quindi di ottenere maggiori risultati senza “stressare” il corpo. Inoltre tale strategia potrebbe anche essere utilizzata per la riabilitazione di pazienti colpiti da ictus (Lotze e Cohen, 2006, Barclay-Goddard et al., 2011).

Riferimenti scientifici


  • Barclay-Goddard RE, Stevenson TJ, Poluha W, Thalman L. Mental practice for treating upper extremity deficits in individuals with hemiparesis after stroke. Cochrane Database Syst Rev. 2011 May 11;2011(5):CD005950. doi: 10.1002/14651858.CD005950.pub4. Update in: Cochrane Database Syst Rev. 2020 May 25;5:CD005950. PMID: 21563146; PMCID: PMC6464751.
  • Driskell, J., Copper, C., & Moran, A. (1994). Does mental practice enhance performance? Journal of Applied Psychology, 79, 481-492. doi:10.1037/0021-9010.79.4.481
  • Coffman, D. D. (1990). Effects of mental practice, physical practice, and knowledge of results on piano performance. Journal of Research in Music Education, 38(3), 187–196.
  • Haslinger B, Erhard P, Altenmüller E, Schroeder U, Boecker H, Ceballos-Baumann AO. Transmodal sensorimotor networks during action observation in professional pianists. J Cogn Neurosci. 2005 Feb;17(2):282-93. doi: 10.1162/0898929053124893. PMID: 15811240.
  • Lotze M, Scheler G, Tan H-RM, Braun C, Birbaumer N. The musician's brain: functional imaging of amateurs and professionals during performance and imagery. Neuroimage. 2003 Nov;20(3):1817-29. doi: 10.1016/j.neuroimage.2003.07.018. PMID: 14642491.
  • Theiler, A. M., & Lippman, L. G. (1995). Effects of Mental Practice and Modeling on Guitar and Vocal Performance. the Journal of General Psychology, 122(4), 329-343.

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