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Disastro di Seveso: la Chernobyl italiana.

dic 19, 2022
Il disastro di Seveso la Chernobyl italiana

Seveso è una cittadina italiana in provincia di Monza, dove nel 1976 si è verificato uno dei più gravi incidenti chimici ed industriali del mondo. Un problema dell’impianto della ICMESA ha provocato il rilascio incontrollato nell’ambiente di pericolose sostanze chimiche tra cui la tristemente nota diossina.

L’incidente di Seveso

L'incidente allo stabilimento chimico di Seveso, avvenuto sabato 10 luglio del 1976, è stato uno dei più gravi mai accaduti in Italia e più in generale nel mondo. Il disastro di Seveso è stato determinato da una serie di problemi sia progettuali che organizzativi che hanno provocato il rilascio di un aerosol di sostanze chimiche altamente tossiche nell’ambiente. La nuvola di diossina fu trasportata dal vento per diversi chilometri contaminando così una vasta area del territorio. In primis, questo incidente, provocò la morte di migliaia di animali come mucche, galline, conigli e gatti così come determinò la fine di piante ed alberi. La diossina, all’inizio, colpì pesantemente i bambini generando un fenomeno noto come la cloracne. Questo agente chimico infatti danneggia in particolare l’epidermide producendo dolorose ustioni e può generare, nel giro di qualche anno, un incremento di alcune forme di tumore. Con il termine “diossina” ci si riferisce a un gruppo di sostanze chimiche ovvero le policlorodibenzodiossine, i policlorodibenzofurani, e alcuni policlorobifenili (conosciuti con le rispettive sigle: PCDD, PCDF e DL-PCB). Tutti questi composti hanno caratteristiche tossicologiche molto simili tra di loro. La cittidina di Seveso divenne così tristemente famosa per questo incidente e tale termine viene ormai utilizzato per antonomasia per riferirsi a qualsiasi tipo di grave incidente industriale.

Disastro di Seveso

Seveso e Chernobyl: quali sono gli elementi in comune?

Quando non fu più possibile nascondere gli effetti dell’incidente di Seveso sulla stampa nazionale e internazionale si diffuse la notizia del disastro e il paragone, da parte dei giornalisti, fu fatto con Hiroshima, ma questo avvenne solo perché l’incidente di Chernobyl sarebbe avvenuto ben dieci anni più tardi.  Siamo di fronte a due incidenti completamente diversi uno infatti è di carattere chimico (Seveso) mentre l’altro è di tipo nucleare (Chernobyl). Ma è possibile individuare alcuni elementi comuni nella gestione dell’emergenza, della comunicazione e dei lunghi tempi di reazione da parte delle istituzioni che hanno tardato a prendere decisioni cruciali come la necessaria evacuazione dei cittadini potenzialmente esposti al disastro. Anche se c’è da ricordare come l’URSS, all’epoca dell’incidente di Chernobyl (1986) fosse una dittatura e per certi versi ci poteva aspettare una certa reticenza nel diffondere le notizie, mentre l’Italia si trovava in un contesto politico democratico.

La gestione dell’incidente, soprattutto nelle prime fasi, dimostrò l’impreparazione generale nell’affrontare un imprevisto di questa portata. Ovviamente le sostanze chimiche diffuse nell’ambiente dalla ICMESA di Meda erano invisibili e quindi più difficili da misurare rispetto alle radiazioni ionizzanti. Gli abitanti che si trovavano vicino all’azienda, all’inizio,  osservarono solo il diffondersi della nuvola chimica e di un odore forte e nauseabondo. In parte però la popolazione locale era abituata ad alcune perdite di sostanze chimiche della ICMESA e addirittura molti allevatori e contadini venivano rimborsati direttamente dall’azienda quando alcuni animali morivano per via di qualche perdita dell’impianto.  Per comprendere meglio ciò che è accaduto è importante contestualizzare il periodo storico.

L’Italia aveva avuto un enorme sviluppo industriale nel dopo-guerra che portò al cosiddetto “boom economico”, ma tale crescita non andò di pari passo con la sicurezza degli impianti e dei lavoratori. Il disastro di Seveso è un po’ la cartina torna-sole dell’industria chimica italiana dell’epoca. L’attenzione ai temi ambientali era ancora molto lontana dal sentire comune. In sintesi i punti di contatto con l’incidente di Chernobyl possono essere i seguenti:

  • Mancanza di un sistema di contenimento per evitare la dispersione nell’ambiente di sostanze tossiche.
  • Le continue violazioni alla sicurezza perpetrate per anni.
  • I difetti progettuali dell’impianto.
  • La scarsa cultura della sicurezza.
  • L’assenza di piani di emergenza strutturati.
  • I tempi decisionali eccessivamente lunghi.
  • L’incapacità di prendere decisioni in contesti destrutturati tipici delle situazioni di emergenza.

L’evacuazione degli abitanti esposti alla nube tossica di Seveso avvenne con un enorme ritardo, ma quando venne presa la decisione gli abitanti furono costretti a lasciare rapidamente le loro case. In seguito fu necessario abbattere decine e decine di animali contaminati, togliere uno strato di terra di diversi centimetri, distruggere delle case e bonificare il territorio contaminato. Tutti gli elementi contaminati furono raccolti all’interno di speciali vasche di contenimento che vengono ancora oggi monitorate costantemente. Le istruzioni per i cittadini vennero date attraverso delle auto con un megafono esattamente come avvenne per Chernobyl e come la serie televisiva ricorda molto bene. Inoltre, l’intervento dei militari, del personale con tute bianche e maschere antigas per proteggersi a cui si aggiungono gli avvisi di zona contaminata rendono tristemente simile il contesto a quello del disastro nucleare del 1986. Oltre i danni provocati alla salute non è da trascurare l’impatto psicologico del disastro di Seveso. All’epoca la sensibilità verso le problematiche emozionali era decisamente scarsa e di conseguenza la gestione dell’emergenza non tenne conto delle ricadute psicologiche di quel grave disastro.

Disastro di Seveso
La sicurezza coinvolge fattori psicologici, sociologici e tecnologici.

Un elemento interessante del disastro di Seveso riguarda il comportamento umano e le modalità di gestione dell’emergenza. Temi che lo rendono molto affine all’incidente nucleare di Chernobyl e ad altre situazioni di emergenza. Infatti in tutti gli incidenti che hanno coinvolto dei sistemi complessi è possibile individuare una narrazione comune. Gli ingredienti per il disastro sono rappresentati da un insieme di fattori umani, organizzativi e tecnologici. Paradossalmente è più semplice fare manutenzione di un impianto tecnologico,  ma è molto più complesso gestire le risorse umane, i vincoli e i limiti cognitivi della mente e aggiornare le loro competenze. Inoltre un contesto stabile, la routine, la scarsa attenzione alle procedure possono rappresentare gli elementi alla base di un incidente rilevante. È importante ricordare che questo disastro si sarebbe potuto evitare se solo si fossero adottate delle misure di sicurezza efficaci già disponibili all’epoca.

L'errore umano: le tre tipologie principali.

Le persone compiono una quantità enorme di errori e, paradossalemente, più gli impianti e i sistemi divengono sicuri più emerge la fallacia del comportamento umano. Secondo James Reason (uno dei massimi esperti in questo settore) è possibile individuare tre tipologie principali di errori:

  • Slip (le cosiddette "sviste"): rappresentano i tipici errori quotidiani che emergono quando eseguiamo delle routine consolidate ma commettendo una errore imprevisto. Il piano d'azione è corretto ma sbagliamo qualcosa nel processo esecutivo. Ad esempio iniziamo a buttare via dei vecchi documenti e senza accorgercene strappiamo anche una raccomandata importante. È il classico errore dovuto agli automatismi.
  • Lapse (dimenticanze): sono i tipici errori che coinvolgono la memoria e che emergono nelle procedure consolidate. Ad esempio il dimenticare in auto lo smartphone dopo aver parcheggiato perfettamente e chiuso ilmezzo.
  • Errori (mistakes): in questo caso l'errore coinvolge sia la diagnosi che la pianificazione. La persona ha ben presente il problema da risolvere ma sbaglia l'inquadramento iniziale del problema producendo così un esito catastrofico e involontario. Ad esempio il credere che il computer non si accenda perché è rotto (e portarlo così in assistenza) senza aver controllato se la batteria fosse o meno carica. Oppure credere che i sintomi di un paziente giovane siano ascrivibili a un problema poco rilevante mentre si è di fronte a una patologia grave.
L’errore umano è un fattore chiave negli incidenti rilevanti.

L'errore umano è la causa più comune degli incidenti rilevanti. La complessità dei sistemi organizzativi aumenta la probabilità che possa emergere un problema anche grave. L'errore umano può essere correlato a una serie di fattori tra cui:

  • Problemi legati all’obiettivo: le persone possono commettere un errore perché stanno adottando uno schema decisionale e comportamentale e lo fanno in totale buona fede, ma sono ingannati dai feedback del sistema. Ovvero le procedure sono giuste se applicate a un altro obiettivo. È quello che può accadere a tutti noi quando prendiamo distrattamente lo smartphone pensando di usare il telecomando. L’azione è corretta ma non rispetto al risultato desiderato.
  • Bias cognitivi: la mente umana è fallace per sua natura, le persone possono decidere in base alle loro convinzioni e in funzione dei loro obiettivi personali.
  • L’approccio euristico: l’essere umano tende ad automatizzare degli schemi decisionali e comportamentali e utilizza delle scorciatoie per risolvere i problemi.
  • La memoria è fallibile e può portare ad errori di giudizio o di esecuzione. Questo fattore può anche determinare degli errori nella comunicazione tra individui o gruppi. Inoltre la memoria è labile così come lo è il ricordo degli eventi passati.
  • Aspetti organizzativi: l'organizzazione di un'organizzazione può indurre le persone ad agire in modi che non favoriscono la sicurezza. Ad esempio, quando alle persone vengono date troppe responsabilità con troppo poca autorità, possono correre rischi che non correrebbero se avessero più autorità sulla situazione.
  • Problemi di comunicazione. La gestione dei processi di comunicazione, soprattutto oggi che è mediata da una moltitudine di strumenti tecnologici, richiede alla base specifiche competenze che spesso vengono trascurate nei percorsi di formazione. Ne consegue che vengono utilizzati gli strumenti spesso senza criterio passando attraverso l’email, i sistemi di messaggistica, le call, le telefonate. In realtà è importante tener presente che più il contenuto di una comunicazione è complesso più richiede un’interazione vis à vis.
La direttiva SEVESO: l’eredità positiva del disastro

La direttiva SEVESO nasce proprio in seguito al grave incidente all'impianto chimico dell’ ICMEA. Questo incidente ha portato all'introduzione di direttive europee severe che hanno richiesto, a ogni stato membro, di uniformare la legislazione nazionale. La Direttiva Seveso ha molti requisiti diversi, tutti finalizzati alla prevenzione degli incidenti rilevanti, come ad esempio:

  • Un piano di gestione per la prevenzione degli incidenti rilevanti
  • Un sistema per monitorare e valutare i potenziali rischi
  • Un piano di emergenza per rispondere a un incidente

La direttiva Seveso è concepita per proteggere l'ambiente e la salute umana. Un incidente grave può causare danni irreversibili all'ambiente, alla salute umana e alla sicurezza. Ciò può accadere se le sostanze pericolose non vengono maneggiate correttamente o se si verifica una fuoriuscita di sostanze pericolose che non possono essere contenute.

Dott.Igor Graziato

Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni

Specialista in Psicoterapia

Esperto di VRT (Virtual Reality Therapy)

Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy

Ipnosi Clinica Evidence Based

Membro dell'American Psychological Association

Membro della Division 30 Society of Psychological Hypnosis

Past Vice President Ordine degli Psicologi del Piemonte

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