Blog Layout

Come reagiscono le persone di fronte a un'emergenza?

mag 26, 2021

Le situazioni di emergenza sono per fortuna relativamente rare e questo porta i responsabili della sicurezza di un edificio, di un locale o di un’azienda ad adottare pian piano un atteggiamento meno attento a questi aspetti. Ci si limita ad effettuare dei controlli formali e a soddisfare gli aspetti burocratici. Così le violazioni alla sicurezza diventano rapidamente delle abitudini.

Come reagiscono le persone di fronte a un'emergenza

Dal disastro di Chernobyl al Ponte Morandi

Purtroppo in Italia siamo abituati ad osservare, in modo passivo, il susseguirsi di incidenti e di emergenze senza che vengano approfonditi alcuni aspetti centrali come la componente psicologica ed organizzativa che spesso sono alla base di queste situazioni drammatiche. Solo negli ultimi anni il nostro Paese è stato attraversato da diversi “incidenti”: il naufragio della Costa Concordia, l’esplosione della cisterna sulla Via Salaria, la tragedia al concerto Sfera Ebbasta ad Ancona, il crollo del Ponte Morandi e adesso il disastro alla funivia Stresa-Mottarone (senza contare le migliaia di vittime per incidenti stradali e sul lavoro). L’approccio che viene proposto sui media ricalca uno stile narrativo che rischia di promuovere una visione “superficiale” e tendenzialmente "emozionale" del problema della sicurezza. La centralità del fattore umano nella genesi degli incidenti è ben rappresentato, ad esempio, dalla catastrofe di Chernobyl (al netto dei difetti di progettazione del reattore RBMK-1000 e della mancanza di un sistema di contenimento efficace). La sicurezza viene infatti influenzata dalle dinamiche presenti nei team di lavoro. Le organizzazioni che presentano una visione rigida, dinamiche disfunzionali, problemi di leadership e sono conflittuali rischiano di contribuire alla genesi di incidenti anche gravi. La dimensione psicologica deve essere presa in seria considerazione dato che l'aspetto tecnico e i sistemi di sicurezza da soli non possono evitare un incidente anche grave. 

La sicurezza dal punto di vista psicologico

L’approccio alla sicurezza nei luoghi pubblici si è basato per decenni su un semplice presupposto: quando suona un allarme antincendio o accade una qualche emergenza imprevista in un contesto pubblico le persone lasceranno il luogo seguendo, in modo ordinato, le procedure previste. La capacità di abbandonare il contesto “pericoloso” viene ritenuta giustamente una priorità ma questa visione “oggettiva  e solo apparentemente “razionale” non tiene conto della componente psicologica emozionale, cognitiva e comportamentale degli esseri umani. Questo approccio alla sicurezza presenta diversi problemi dato che non prende in considerazione in modo approfondito gli schemi comportamentali delle persone durante le emergenze. Infatti le persone non sempre si accorgono immediatamente di un pericolo e a volte possono sopravalutare o sottovalutare la presenza di un problema ed agire di conseguenza attivando un comportamento di fuga che si propaga rapidamente tra le persone che sono presenti. Inoltre è risaputo che il tempo di latenza nella risposta ad un segnale di pericolo può ampliarsi dato che l’essere umano deve decodificare il contesto e in queste situazioni si affida al comportamento che osserva negli altri per agire. Se il panico prende il sopravvento i meccanismi di attacco, fuga e freezing avranno la meglio mettendo in crisi qualsiasi schema “rigido” di gestione della sicurezza

Il contributo scientifico della psicologia al tema della sicurezza

La psicologia offre un enorme contributo scientifico per gli architetti, gli ingegneri e per tutti coloro che si occupano di progettare edifici e luoghi pubblici più sicuri. Negli Stati Uniti dopo l’attentato terroristico del’11 settembre questo tipo di ricerca ha avuto un’ulteriore sviluppo ed impulso grazie all’interessamento di diversi enti governativi ad esempio il CDC U.S. Centers for Disease Control and Prevention e il NIST National Institute of Standards and Technology. Grazie alla psicologia è possibile studiare le reazioni reali delle persone nelle situazioni di emergenza.

Secondo il Prof. Robyn Gershon (Columbia University Mailman, School of Public Health ) analizzare come le persone reagiscono nella realtà durante un’emergenza aiuta a comprendere che cosa può ostacolare i piani di evacuazione e fornire, di conseguenza, indicazioni preziose per architetti ed ingegneri.


I miti da sfatare nella sicurezza

Gli psicologi hanno studiato ed analizzato le reazioni delle persone durante gli incendi per oltre 25 anni e queste ricerche hanno avuto uno sviluppo particolare verso la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ‘80 del secolo scorso. Ma dopo questo periodo il tema è divenuto man mano meno interessante lasciando spazio all’introduzione delle prime analisi computerizzate della dinamica di un incendio. Il tema è tornato drammaticamente all’attenzione da parte degli esperti dopo l’11settembre 2001 dato che ci si è resi conto come una situazione imprevista possa rendere fragile qualsiasi pianificazione e persino rendere controproducenti gli schemi di gestione dell’evacuazione.

Un primo mito che deve essere rivalutato è il tempo di reazione delle persone di fronte ad un allarme antincendio. Le persone prima di decidere se allontanarsi valutano i segnali che arrivano dall’ambiente e soprattutto osservano il comportamento degli altri . Un segnale di allarme è per sua natura ambiguo e poco chiaro. Quando invece l’odore del fumo inizia ad invadere un luogo pubblico le persone possono agire in modo incontrollato e spesso in ritardo rispetto al pericolo.  Un qualsiasi segnale di allarme può quindi essere sottovalutato e mettere a rischio la possibilità di un’evacuazione controllata e sicura di un locale pubblico . Secondo la ricerca, realizzata analizzando le video riprese durante delle emergenze e intervistando i sopravvissuti a degli incendi, il tempo di latenza per abbandonare un grattacielo è di circa 3-4 minuti. Anche se non sembra un tempo enorme persino quei pochi secondi possono fare la differenza e trasformare un’emergenza gestibile in un disastro.


Come si comportano le persone durante le emergenze?

Le ricerche condotte in questi anni hanno dimostrato che esistono alcuni schemi comportamentali ricorrenti durante le emergenze, in quanto le persone: 

  • non si lasciano prendere dal panico immediatamente;
  • le reazioni di fuga immediata sono più rare di quanto non si possa immaginare possono sì spaventarsi ma non per questo agire per forza in modo irrazionale;
  • cercano di scappare dalla porta dalla quale sono entrati anche se i segnali delle uscite di emergenza sono ben evidenti.
  • non vogliono usare un’uscita che non conoscono e preferiscono utilizzare il percorso che per loro è noto;
  • si muovono, se è necessario, anche attraverso il fumo. 

 

Gli esperti di sicurezza sono rimasto colpiti da questo aspetto infatti credevano che le persone sarebbero tornate indietro nel caso avessero incontrato un fumo denso in una via di fuga, mentre nella realtà hanno scoperto come prevalga l’istinto di sopravvivenza. Questa scoperta ha portato a rivedere i piani di evacuazione dato che le persone adottano un atteggiamento inerziale, tendono cioè a continuare a fare quello che stavano già facendo anche di fronte a segnali di allarme. Solo evidenti segnali oggettivi (l’odore del fumo) o la sollecitazione da parte di altre persone possono spingere a prendere atto della situazione di emergenza tendono ad attivare comportamenti orientati alla sopravvivenza. Anche in assenza di una forte attivazione emozionale possono mettere in atto schemi comportamentali errati ed imprevisti rispetto al contesto di pericolo.

Come progettare ambienti più sicuri?

Secondo lo psicologo Robyn Gershon esistono alcune indicazioni che emergono dalle ricerche effettuate in questo settore, in particolare:

  1. Un allarme vocale è più convincente di un semplice segnale sonoro. Una voce che guida e fornisce istruzioni durante un’emergenza risulta più efficace di una campana. Sarebbe importante che questo tipo di informazione fosse gestita in modo dinamico da un esperto che guidi la gente in base all’andamento della situazione di pericolo (ad es. incendio, terremoto o attacco terroristico) fornendo indicazioni adeguate al contesto.
  2. Uscite che si aprono in modo automatico. Le porte di emergenza non devono solo essere segnalate ma dovrebbero aprirsi in modo automatico. Questo offrirebbe alle persone la possibilità di vedere realmente una via di fuga e di rassicurarle durante l’evacuazione di un locale. È un modo semplice ma efficace per tranquillizzare i presenti.
  3. Formazione. Le persone devono conoscere le vie di fuga, provare a usarle in condizioni normali e prendere confidenza con i piani di sicurezza previsti. Gli addetti alla sicurezza devono essere pronti e motivati nel gestire una situazione che potrebbe anche non verificarsi, ma non per questo bisogna sottovalutare i potenziali rischi.
  4. Sviluppare una cultura della sicurezza . Le scuole dovrebbero essere impegnate nell’ educare i bambini nel prendere confidenza con il tema della sicurezza.
  5. La psicologia . Conoscere le modalità di analisi di un contesto di pericolo, gli schemi comportamentali ricorrenti aiuta i progettisti ad affrontare con maggiore attenzione il tema della sicurezza.
  6. Le procedure devono tenere conto degli aspetti cognitivi ed emozionali . È inutile definire delle procedure stringenti o ricorrere solo a definire delle norme. La sicurezza coinvolge in primis gli aspetti organizzativi e psicologici.
  7. Le violazioni alla sicurezza diventano rapidamente delle abitudini . Le situazioni di emergenza sono per fortuna relativamente rare e questo porta i responsabili della sicurezza di un edificio, di un locale o di un’azienda ad adottare pian piano un atteggiamento meno attento a questi aspetti. Ci si limita ad effettuare dei controlli formali e a soddisfare gli aspetti burocratici.
  8. Gli incidenti mancati . Anche piccoli imprevisti apparentemente innocui possono rilevare gravi falle organizzative. Ogni situazione di emergenza potenziale deve essere presa in seria considerazione. Un’organizzazione realmente attenta alla sicurezza conduce audit approfonditi di fronte a qualsiasi imprevisto
  9. Un’organizzazione sicura è anche efficiente ed attenta al proprio business . La sicurezza per un’organizzazione significa anche efficienza dei processi, redditività e personale competente e preparato. Un incidente, per una qualsiasi organizzazione, può costare caro sia in termini di vite umane che di credibilità. Chi trascura gli aspetti di sicurezza non è mai un buon imprenditore anche se nella sua vita non si troverà mai a fronteggiare una situazione di emergenza.
  10. La ricerca del colpevole . Gli incidenti che coinvolgono una qualsiasi organizzazione non sono mai dovuti all’imprudenza di una singola persona ma ad un problema radicato a livello sistemico.

 

Modelli matematici e psicologia per costruire simulazioni efficaci per prevenire e gestire gli incendi

Le simulazioni realizzate attraverso i computer non sono sufficienti  Secondo il matematico Ed Galea, che si occupa di sviluppare modelli al computer per predire il comportamento di un incendio in un edificio, è fondamentale analizzare il comportamento delle persone . In assenza di queste informazioni i modelli matematici che vengono realizzati possono presentare diverse lacune e risultare poco accurati. Il matematico ha iniziato infatti ad introdurre le scoperte e le ricerche realizzate in psicologia per riuscire a migliorare la capacità predittiva dei suoi modelli. E d Galea collabora infatti con alcuni psicologi e ha realizzato diversi piani di evacuazione in sinergia con loro. I nuovi studi e questo nuovo approccio alla questione della sicurezza hanno prodotto diverse ricadute pratiche.

In conclusione

La progettazione di qualsiasi spazio deve essere centrato sull’individuo e sulle sue caratteristiche cognitive ed emozionali e tenere conto dei comportamenti sociali che possono verificarsi nelle situazioni di emergenza. Le persone, infatti, hanno bisogno di adattarsi quando si trovano di fronte a situazioni caotiche, di conseguenza i tempi e le modalità di reazione possono essere previste solo attraverso una stretta collaborazione tra psicologi e ingegneri .  In Italia in particolare è necessario superare una cultura fatalista che porta a creare l’humus ideale per il ripetersi di tragedie (vedi eventi accaduti in Piazza San Carlo a Torino o il crollo del Ponte Morandi a Genova) che potrebbero essere evitate grazie ad una presa in carico del problema a 360°. La sicurezza non è solo una questione normativa ma richiede una visione sistemica della questione. 

Dott.Igor Graziato

Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni

Specialista in Psicoterapia

Esperto di VRT (Virtual Reality Therapy)

Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy

Ipnosi Clinica Evidence Based

Membro dell'American Psychological Association

Membro della Division 30 Society of Psychological Hypnosis

Past Vice President Ordine degli Psicologi del Piemonte

Bibliografia

  • Baldissera Alberto. La tecnologia difficile. Per un'analisi sociologica dei rapporti tra uomo e macchina e degli incidenti nei sistemi tecnologici complessi. Tirrenia Stampatori. 1992.
  • Reason James. Human Error. Cambridge University Press. 1990
  • Winerman Lea. Fighting fire with psychology. In 9/11's wake, researchers across fields are drawing on behavioral science to better understand people's reactions during fire-emergency evacuations--an effort they hope will lead to safer buildings. Lea Winerman. Monitor Staff. APA (America Psychological Association). Settembre 2004, Vol.34 n°8


Desideri maggiori informazioni?

Inviando una richiesta si dichiara di aver letto il disclaimer sulla privacy e si autorizza lo studio RPStrategy© ad elaborare una risposta.

Share by: